Nuove Indicazioni Nazionali: perché il ministero dovrebbe ascoltare la voce forte e decisa di migliaia di insegnanti
- La maestra con gli occhiali rossi
- May 12
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Updated: May 12
Prima di parlare di qualcosa, ho sempre l'abitudine di studiarmela, di capirci di più, di ascoltare collegh* più espert* e osservare le reazioni più o meno vicine a me.
Infine, se quello che leggo studio osservo non mi piace o non mi convince, cerco sempre di proporre un'alternativa al posto di dire semplicemente che quello che ho letto studiato osservato non va.
Aggiungo anche che, lavorando a tempo pieno (non solo come insegnante ma anche come istruttrice di minibasket), ho delle priorità nelle mie giornate e per scrivere un "articolo" sensato con un uso delle parole ponderato ho bisogno di tempo.
Che le nuove indicazioni nazionali fossero anacronistiche, si è capito da subito. Evitando come la peste i titoloni acchiappa-polemiche ("Bibbia e latino!", "Poesie imparate a memoria alle elementari!"), ho ovviamente cominciato a leggere e a sottolineare da brava studentessa le suddette indicazioni.
Non ho ancora finito, ma sono successe delle cose nel frattempo che dovrebbero far pensare chi è ai vertici:
1) docenti di tutto lo Stivale si stanno riunendo in orari extrascolastici (e sappiamo tutt* cosa vuol dire in questo periodo dell'anno: VIVERE A SCUOLA) per discutere sulle indicazioni, scambiarsi opinioni, leggerle insieme, capire le parole scritte e quelle tra le righe. Tutto questo, non solo per amor di mestiere, ma anche perché la possibilità di dissenso è stata limitata al minimo.
2) tutti, ma proprio tutti, si stanno chiedendo con che criteri è stata costituita la commissione tecnica, com'è possibile che insegnanti e studenti siano solo stati chiamati a "dare pareri", ma non a far parte della commissione vera e propria. Si è parlato di "audizioni con i corpi intermedi", ma non sappiamo cosa è stato chiesto dalle associazioni coinvolte e, sopratutto, quali fossero queste associazioni.
Procedo con ciò che ho ricavato dalla sola introduzione.
La prima cosa che mi salta all'occhio, ancora nel 2025 (sic!), è l'uso del maschile sovraesteso, anzi, ancora peggio, l'utilizzo, in un sottotitolo che parla della professione insegnante, della parola Maestro con la M maiuscola, come se non si sapesse che il 99% (scuola dell'infanzia), 96% (scuola primaria) e 78% (scuola secondaria di primo grado) delle insegnanti è DONNA.
Non entrerò in altri particolari semantici, se non in fondo.
Ecco qualche esempio di sovrapposizioni tra realtà e fantasia e demagogia, a partire dall'introduzione che per certi versi trovo illuminante (su un certo tipo di pensiero):
- la nostra Repubblica ha posto la scuola al centro del suo progetto di Paese e che la scuola è un bene sociale comune di inestimabile rilevanza, da tutelare e valorizzare, a cominciare dalle parole usate per parlarne
Le Indicazioni cominciano con una sonora bugia: non c'è una strategia lungimirante, un progetto ad ampio respiro, una sperimentazione degna di questo nome in atto. La scuola, da ormai tanto tempo e sotto governi di diversi colori, non è mai rilevante. E se viene trattata così una cosa di inestimabile valore, mi viene un po' da piangere. Non oso pensare cosa facciano con quello che non interessa.
Flash forward sul capitolo di Storia che comincia così: "Solo l'Occidente conosce la Storia."
Non parlate di importanza delle parole, su. È un insulto all'intelligenza di tutt*.
- maxima debetur puero reverentia
maxima debetur magistro reverentia
Eh? Ma le Indicazioni, precisamente, per chi sono? Io ho studiato latino alle superiori, c'è qualcuno che viene da altri istituti e non lo conosce. Ripeto, per chi sono le Indicazioni? Per una totalità di insegnanti o per una nicchia di letterati autocompiacenti?
Ad ogni modo, vuol dire "Si deve al bambino e all'insegnante il massimo rispetto."
Se questo fosse vero, le associazioni di studentesse e studenti che chiedono da anni un'educazione sessuale ed affettiva sarebbero già state ascoltate. O forse dovevano chiederlo in latino?
- La libertà è il valore caratteristico più importante dell’Occidente e della sua civiltà sin dalla sua nascita, avvenuta fra Atene, Roma e Gerusalemme.
Non mi soffermerò sul concetto di libertà perché altrimenti potrei sforare le 10.000 battute. Ma perché non mettere un rimando ad Israele anche nelle Indicazioni Nazionali? Non ne sentivamo il bisogno.
- Si va a scuola per conquistare l’autonomia di essere e la competenza del fare e dell’agire, mettendosi al servizio della costruzione di una società aperta e rispettosa delle diversità e del pluralismo del pensiero.
Rileggiamo: "una società aperta e rispettosa delle diversità e del pluralismo di pensiero."
No, un attimo, lo rileggo. Ma questo è lo stesso Ministero che ha chiesto di non chiudere una scuola con una popolazione scolastica di maggioranza musulmana durante il Ramadan?
Lo stesso Ministero che voleva i lavori socialmente utili per rieducare usando l'umiliazione?
Non capisco.
- Una mente libera è una mente che sa dialogare, che sa accogliere le diversità senza paura, che sa pensare criticamente senza cadere nel dogmatismo o nell’individualismo esasperato.
Anche qui, soprassiederò sulle menti che sanno accogliere la diversità senza paura (dov'è un rimando all'educazione sessuoaffettiva? e alla carriera alias?)
Questa cosa dell'individualismo esasperato, da rifuggire a quanto pare, è un'altra contraddizione.
Provate a fare una semplice ricerca di termini nel testo delle Indicazioni.
La parola "persona" appare 222 volte, a partire dal primo titolino che recita "PERSONA, SCUOLA, FAMIGLIA" (non vi sembra un trittico già sentito?), a fronte delle sole 61 della parola "comunità" e ancora meno (1!) la parola "noi".
Si parla di "multicultura" solo nell'ambito delle lingue straniere e in una tabella che rimanda ai rapporti scuola-famiglia, di più di "intercultura" (22 rimandi), un concetto che tutta la comunità educante ormai sa che è superato, poiché si è arrivati alla "transcultura" (mai citata...), una cultura nuova, che permea le culture esistenti nei vari contesti per creare nuovi scenari. Ma sia mai che qualcuno potesse peccare di spirito critico e non capire quel prefisso.
Ultimo, ma non di certo per importanza quando si parla di "usare bene le parole", viene usato un termine inesistente nella lingua italiana o, meglio, a cui recentemente è stato ampliato il significato, intendendo "chi acquisisce una cultura superificiale", utilizzandolo nel contesto delle Nuove Indicazioni Nazionali per la Scuola come sinonimo di "colto".
Sto parlando della parola "acculturato" che, appena ho visto nero su bianco, mi ha fatto sussultare.
Andate a vedere il suo significato, il suo utilizzo, l'ironia con cui viene usato. Pare poco, ma vederlo su un documento ufficiale, usato da persone che dovrebbero essere l'emblema della cultura, giuro che mi ha fatto sospirare ad alta voce.
Queste sono le osservazioni che ho fatto solo delle premesse (ho omesso qualcosa per brevità).
Il tutto mi ricorda una professionista del nostro settore con cui lavoravo anni fa, che continuava a dire a tutti che le parole d'ordine dell'istituto erano "serenità" e "leadership" quando ciò che seminava nella realtà erano caos e servilismo.
Non serve a nulla scrivere (male, per di più), quando poi nella pratica quotidiana viene espletato altro se non addirittura il contrario. La credibilità è ai minimi storici e la volontà di riformare veramente la scuola e proiettarla verso il futuro con cambiamenti lungimiranti sembra un miraggio.
La mia voce, così come quella di tanti altri colleghi e colleghe, sarà forte, forse cambierà poco, non posso saperlo, a volte basta una nota stonata nel coro per far capire a tutt* che la canzone che stanno cantando è da rivedere.
Ho fiducia nelle mie colleghe e colleghi. Ho sentito la tonalità e sto facendo di tutto per cambiare la musica.
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