“E per favore, bambini, non mi fate ripetere per la centesima volta di mettere i libri nello zaino. Se lo fate subito, non ve lo dimenticate! Fate come Nico che sta sempre ad ascoltare!” Nico si mette seduto un po’ più dritto, contento del complimento e del fatto che non si è mai dimenticato un libro in vita sua. “Qual è il tuo segreto?” gli ha chiesto un giorno Martina. “Semplice Marti,” aveva risposto lui con aria saccente, “controllo il diario prima di uscire e se per domani ho dei compiti di matematica… ZAC!” Martina aveva fatto un salto talmente alto allo ZAC che aveva buttato per aria tutte le patatine che aveva per merenda.
Io non sono come Nico. Io mi dimentico sempre tutto. Ma quando dico tutto, intendo proprio tutto tutto. Una volta mi sono dimenticato persino un calzino. Giuro! Ne avevo messo solo uno e sentivo un freschino sulla caviglia sinistra che fino a che non ho abbassato lo sguardo, non sapevo proprio spiegarmi come mai di quella sensazione. Che vergogna, quella volta. La mamma mi dice che ho la testa per aria, ma non mi sgrida, per fortuna. Eppure a me pare di averla ben attaccata al collo. Proprio come fa Nico, io controllo il diario, cerco i quaderni e i libri da portare a casa ma poi, tra il banco e lo zaino, non so che succede. A volte porto un libro al posto di un altro, perché mi metto a parlare con Francesco di quel cartone animato troppo divertente, o certe volte arrivo al mio box che non so nemmeno cosa stavo cercando. Come se la mia memoria rimanesse intrappolata dentro le pagine a scacchi dei miei quaderni. Il suono della campanella quando ancora non ho fatto lo zaino mi fa venire una specie di bruciore nello stomaco e il mio cuore comincia ad andare all’impazzata! Le mani non rispondono più ai comandi e, oltre a dimenticarmi le cose, faccio cadere libri, matite, colori… aiuto! Solo con la maestra Paola, che ci dà tanto tempo per prepararci, non dimentico nulla. Ogni tanto mi dice “Perché non prendi anche il quaderno di matematica mentre zompetti in giro?” E me lo dice sempre sorridendo.
“Leonardo, aiutami tu a fare questa operazione.” La maestra Paola è al monitor e sta indicando una divisione. Sa che mi piace matematica e che ascolto anche quando sto guardando fuori dalla finestra. Le altre maestre ancora non hanno capito che anche quando sembro distratto, quando scarabocchio il foglio, quando mi muovo sulla sedia, io sto sempre ascoltando. Invece, se ti sto guardando negli occhi fermo come una pianta (che poi lo sapevate che le piante non stanno ferme… è che si muovono leeeente leeeeeeente verso la luce e non le vediamo), la mia testa è troppo concentrata a stare composto, le gambe stanno scomode (sfido io, quelle sedioline di legno sono le più scomode della Terra… ma non lo sanno gli adulti che per studiare bene bisogna stare comodi?), quella è la volta buona che la mia fantasia parte, per fuggire da tutto quello stare immobile. Ecco, c’è un’altra cosa che forse avrete notato. Mi vengono in mente mille cose, mentre parlo di un argomento. È come aprire un cassetto per cercare una maglia rosa, ma poi ne vedo una verde bellissima e nel frattempo mi viene in mente che mi servono anche i calzoni. Il mio cervello funziona così, mi ha detto la mia mamma. “Sei uno splendido armadio pieno di vestiti colorati. Tutti alla rinfusa, eh… ma quanto sono belli e pensa quanti abbinamenti puoi fare!”
Ma come ti funziona il cervello? Mi ha detto una volta una supplente. Avevo proposto un gioco ai miei amici, un gioco che a dir la verità non mi sembrava pericoloso. Dovevamo prenderci, toccandoci la schiena. Per cercare di fuggire da Kevin mi sono girato sbracciando e la mia mano è arrivata in piena faccia di Silvia che stava passando di lì per andare in bagno. Le ho chiesto scusa mille volte, ma lei è corsa dalla supplente, dicendole che l’avevo schiaffeggiata senza motivo. Alla supplente stavo spiegando davvero come aveva funzionato il mio cervello, ma non ha voluto ascoltare ("Era una domanda retorica!") e mi ha messo una nota.
“Il tuo cervello è una tavolozza di un pittore!” Mi ha detto una mattina la maestra Paola. “E quando usi tutti i colori sembra un pasticcio e noi da fuori non riusciamo bene a capire il capolavoro che vuoi creare. Sai, gli adulti spesso non hanno pazienza…”
“Secondo me il tuo cervello oggi è vuoto, Leonardo”, mi ha detto la maestra Elvira. Mamma mia quanto è cattiva la maestra Elvira. Anche il nome un po’ mi spaventa. ELVIRA. Mi dà l’idea di una vecchia strega, di quelle che quando ti giri le diventano i capelli verdi e ti fanno le magie quando ti interrogano e ti si svuota la testa. ALACAZAM! Vuoto totale! Insegna Geografia e io odio Geografia. “Il tuo cervello oggi è vuoto come la tomba di Tutankhamon.” Ah già, nell’altra classe insegna Storia e le piace molto fare similitudini con ciò che lei sa e noi non sappiamo. Ad esempio, io non so chi è Tutan-koso. Ma vuoto come una tomba… mamma mia che brivido!
Insomma… quale sarà la verità? Il mio cervello è pieno, vuoto, colorato, bianco e nero, fermo, scatenato, com’è?
Una cosa è certa: alla prima ora del lunedì è spento. Ma proprio spina staccata. A chi sarà venuto in mento di far cominciare la scuola alle 8.00? Io comincio a ragionare alle 9.00, quindi tutta la prima ora cerco di capire dove sono, se ho fame (ho sempre fame), quale materia stiamo facendo, se ho portato tutto… dice il mio papà che sono un diesel. Non so cosa vuol dire, ma mi sembra di aver capito che per partire ci metto un po’ di tempo, tipo un trattore o un camion. Io mi sento più un transformer: parto come monopattino, poi divento un aereo supersonico e poi mi ritrovo un sottomarino, per ritornare, nelle ultime ore della mattinata, di nuovo un monopattino, un po’ scassato.
A me la scuola piace, mi piacciono i miei compagni e compagne, le mie maestre (anche la maestra Elvira, quando è in buona... raramente, ma capita), mi piace imparare cose nuove e rispondere alle “domande da un milione di dollari” che ogni tanto fa la maestra Paola. Sono domande difficili di matematica, e se mi capita di rispondere prima di Nico che è il più bravo della classe, mi sento davvero come se avessi vinto quel milione!
Non mi piace Geografia, non ci capisco niente di cartine e non riesco a orientarmi nemmeno dentro la scuola. Mi annoio ad imparare a memoria tutte quelle province e dopo due giorni non me le ricordo più. Non ho ancora capito che cos’è il settore terziario (pare che in Lombardia vada forte) e se qualcuno mi parla di nuovo di barbabietole da zucchero giuro che impazzisco.
Adoro andare in palestra e odio disegnare (la maestra Elvira mi dice sempre che sono negato), mi piace matematica e mi piace scrivere i temi di italiano, non so fare i riassunti, ma adoro leggere, e quando la maestra Loredana ci legge le storie sono contento! È proprio un’attrice e ci fa rotolare dalle risate!
Sono Leonardo, ho 10 anni e faccio la quarta. Mi piace la scuola anche se non so stare fermo. Ho il cervello più bello che c’è.
Dedicato ai miei nipoti Francesco e Leonardo e a tutti i bambini e bambine che "non riescono a stare fermi".
P.S. A tutte le maestre che si chiamano Elvira, pardon. E' un nome di fantasia, non conosco nessuna Elvira.
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