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DI URGENZE EDUCATIVE E DONNE MERAVIGLIOSE

Writer: Flavia FarinaFlavia Farina



Celebro la giornata delle donne con due professioniste che ammiro e che la settimana scorsa mi hanno regalato due commenti di perla che voglio condividere.

Nel giro di qualche giorno ho avuto il piacere di leggere un articolo della Dottoressa Stefania Andreoli su Sky insider e ascoltare un intervento in diretta della Dottoressa Daniela Lucangeli ad un convegno organizzato dal Comune di Cagliari.


Nell’articolo (qui per chi ha Sky → https://tg24.sky.it/salute-e-benessere/2025/03/01/dsa-disturbi-apprendimento-andreoli-galimberti?utm_source) Andreoli scrive dei disturbi dell’apprendimento e della genitorialità moderna.

Al convegno Lucangeli ha parlato di un paradigma nuovo e urgente per la scuola.


Entrambe hanno affrontato in due modi diversi, come diverse sono le loro professioni, uno stesso argomento: la scuola deve tener conto dei cambiamenti della nostra società e dei nuovi studi in materia di disturbi dell’apprendimento e neuroplasticità. La scuola deve considerare le unicità, siano queste portatrici di fatica nel comprendere o di eccellenza (che è comunque una fatica vestita in abiti luccicanti!); deve tararsi su chi ha davanti, evitando le standardizzazioni e accendere in tutte e tutti il desiderio di conoscenza.

Per fare questo, occorre fiducia. Negli insegnanti, nelle istituzioni, nei bambini e nelle bambine, ragazze e ragazzi, che non possono essere quell* che vorremmo, ma necessariamente quelli che diventeranno.

Tra i vari appunti che mi sono presa riguardo l’articolo e il convegno:


“La famiglia contemporanea è fragile, pretende dal figlio un funzionamento efficiente perché trova in lui un riscatto e l’illusione di un rimedio alle proprie ferite narcisistiche.”

  • Andreoli


Io desidero essere un magister reale perché tutto il resto è biologia.”

  • Lucangeli


Queste due meravigliose donne e studiose stanno dicendo la stessa cosa: ognuno è unico. Non nel modo sentimentale e retorico che siamo abituati a sentire, ma nel modo più pratico che c’è, a livello cerebrale ed emotivo.

Sono unica, così come lo sei tu. Vediamoci, capiamoci, rispettiamoci. 

Siamo entrambi convinti che la scuola ci vedrà, ci capirà, ci rispetterà. Così come i nostri genitori. O forse, anche quando i nostri genitori ancora non ci riescono.


Nel mondo della performance, dove “la mia bimba è avanti!” (chissà avanti rispetto a cosa) o “mio figlio capisce tutto ma proprio tutto al volo” (eppure se perde si dispera) o “ho iscritto mio figlio al Liceo Scientifico e poi all’Università che dico io, farà l’ingegnere!” (e se deciderà di fare il ballerino?) o “mia figlia ed io siamo praticamente uguali!” (AIUTO!), non viene lasciato alcuno spazio alla frustrazione, alla possibilità che qualcosa non sia nelle mie corde di studente o studentessa.


Io insegno matematica e, per quanto questa cosa sia poco poco capita, oltre ai rudimenti della stessa, insegno a volerle bene. Sì, a volerle bene! A non temerla, che mica morde. Anche se i problemi non mi vengono, anche se non riesco ad alzare le dita giuste per fare i conti. E a chi queste cose le sa già fare, propongo, quando è il momento giusto, cose più stimolanti, ma ancora più di questo la possibilità di aiutare un compagno o una compagna in difficoltà, ché come dice Lucangeli il momento del “da dentro a fuori” è fondamentale per un intelligere completo.

Scrive Andreoli: “al genitore contemporaneo in effetti (...) non interessa la formazione dei figli ma solo la loro performance”.


È così. Ma lo scatto evolutivo cognitivo non sempre corrisponde con quello emotivo. I bambini e le bambine di oggi hanno addosso gli occhi di quegli adulti che non hanno potuto sbagliare, dunque viene loro spianata la strada per una migliore riuscita in qualsiasi cosa facciano (scuola, sport, musica, amicizie), vengono protetti in modo eccessivo, una modalità che però spesso fa tutto il giro e va dall’altra parte: “se c’è qualcosa che non va è la maestra che non ha capito mio figlio o mia figlia. La scuola non funziona più. Non ascoltare, amore mio, tu sei perfetto così.” Questa idea di perfezione mi spaventa non poco.

Ho conosciuto bambine che leggevano a casa le pagine del libro che avremmo fatto il giorno seguente, per poter parlare al posto della maestra. Riuscire a rinvigorire la loro curiosità è stato davvero difficile.

Bambini che dovevano prendere 10, altrimenti a casa chissà cosa dicevano. Far capire loro l’importanza dell’autostima anche nei momenti bui è stata una sfida per me e le mie colleghe.


Lucangeli spiega come noi impariamo “con tutto il corpo”, non solo con il cervello, l’importanza di stare in una comunità che non sia la famiglia e vedere il “diverso da me” e relazionarmi con lui o lei, è una delle magie della scuola. E no, non insegniamo più a leggere, scrivere e fare di conto. Quasi tutti i bambini e bambine di classe prima arrivano che lo sanno fare più o meno accuratamente.

Quando verrà capito che il paradigma scolastico deve essere cambiato radicalmente? La scuola non può essere più un contenitore di nozioni. È davvero quella palestra del mondo che i e le giovani non sanno più dove trovare. Dobbiamo cambiare punto di vista noi insegnanti, i genitori e tutori, i e le dirigenti.


È ora di cambiare.


 
 
 

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