Vengo (veniamo un po' tutti) da una due giorni di colloqui, 9 ore totali no-stop, dopo altrettante insegnate alla mattina.
Dunque, come diceva il buon Forrest Gump, "Sono un po' stanchina".
Sono stati gli ultimi colloqui, quelli di quinta. La commozione l'ha fatta da padrone nella stragrande maggioranza dei casi, e come ha ricordato la mia collega, "il tratto di percorso insieme è finito, ma l'intensità di questi anni è stata ai massimi livelli."
È in questi momenti, generalmente 2 all'anno, quando ci relazioniamo con gli adulti dopo centinaia di ore a parlare e discutere con bambini e bambine, che capiamo quanto il nostro lavoro sia di responsabilità e la comunicazione sia davvero troppo poco frequente. La quantità di burocrazia e lavoro "laterale" a quello di insegnante è tale da lasciarci pochissimo tempo per sederci e parlare tranquillamente. Anche i colloqui, serratissimi e di breve durata, sono troppo poco.
Come faccio a riassumere un quadrimestre in 8 minuti? L'andamento, i dubbi, le crisi, gli obiettivi raggiunti, la serenità, il divertimento, la frustrazione e la paura del fallimento, il gioco con il sapere, la curiosità per ogni angolo della conoscenza, la disattenzione e l'ipersensibilità, lo spauracchio del voto o la tranquillità nell'affrontare qualcosa di sconosciuto, le autonomie raggiunte e quelle per cui ancora lavorare, la bellezza dello studiare, il mettersi alla prova con qualcosa che non conosco, l'ironia e ridere studiando un argomento noiosissimo, le aspettative degli adulti e i desideri di bambina/o, la velocità troppo troppo alta del mondo e il ritmo tanto tanto personale dell'apprendimento, l'ingiusto confronto, il provarci provarci e talvolta non riuscirci, la scoperta del proprio talento e delle proprie fragilità.
Come si fa in 8 minuti?
E come faccio in 8 minuti a far capire che essere una persona viene subito prima di essere una professionista, che a volte ci si spende tanto ma non si arriva a tutti e tutte ed è frustrante, che si spera di lasciare bei ricordi di un momento di crescita fondamentale, che talvolta la maschera cade e si è stanchi, che mentre insegno vengo interrotta ottocento volte (non da alunni e alunne), che riprendere il filo è diventata un'arte, che il sentire è più importante mille un milione di volte più importante della trasmissione di informazioni, che se riesco a farti stare simpatica la matematica anche se non ti riesce per tanti motivi riuscirai a non odiarla e sarà solo una conoscenza ma almeno non una nemica, che se in futuro mi verranno a cercare per fare due parole io avrò il cuore pieno, che ci sono giorni sì e giorni no come in tutti i mestieri, che faccio davvero del mio meglio ma a volte mi manca il tempo e quando me ne frego delle programmazioni e decido di seguire i loro pensieri vengono fuori le lezioni più belle, ma poi mi pento perché non ho fatto 10 esercizi in più sulle percentuali, ma poi mi dico che mi hanno chiesto di parlare della libertà di parola e come faccio a dire di no, che poi quello che mi ricordo ora delle mie elementari non è come la maestra mi ha insegnato a fare le equivalenze, ma il modo delicato in cui incrociava le braccia, la risata argentina di un'altra maestra, quando mi ero impegnata così tanto e mi ha detto che il mio lavoro era pessimo, quando ho scritto il tema dell'esame di quinta e mi ha detto che si era messa a piangere, quando non mi ricordavo il risultato di 7x8 e mia madre me lo diceva di continuo e ci ridevamo su, quando sono andata a prendere la pagella dell'ultimo anno con addosso la maglia di Michael Jordan e la maestra mi disse "non ti smentisci mai", gli Egizi spiegati salendo sopra i banchi, la vicepreside che passava a parlare con le mie maestre, la noia, a volte, e il mio imparare a scrivere con la mano sinistra perché non volevo disturbare.
Io questo mi ricordo delle mie elementari, questo e tanti altri aneddoti. Ho avuto qualche buco nelle tabelline fino alle medie, ma un giorno a 15 anni le ho ristudiate e le ho imparate meglio; ho ritrovato degli scritti di terza elementare e facevo ancora errori di ortografia, ma poi ho preso una laurea, un diploma di conservatorio e parlo 4 lingue; a volte studiavo, a volte no, ma non ho mai perso la voglia di imparare; nessuno a casa mi ha mai stressato sui voti, mai, consapevoli che l'eccellenza ed il fallimento sono due facce della stessa medaglia. Ero brava perché a scuola mi piaceva andare e studiavo per il piacere di farlo, non per dovere. Quando è diventato un dovere (evviva l'adolescenza) l'ho fatto comunque, ma con meno gusto e dunque con più fatica.
E tu, adulto che leggi, sei in grado di fare queste cose? Sai parlare davanti ad un pubblico? Sai gestire un fallimento? Sai lavorare con gli altri? Sai chiedere aiuto? Sai trovare una soluzione o tiri i remi in barca quando c'è un ostacolo? Ti prendi le tue responsabilità o preferisci scaricarle su qualcun altro? Sai usare la tecnologia a tuo vantaggio? Sai qual è il tuo talento? Sai valutare una fonte di informazioni?
Forse ti fermeresti a pensarci a lungo e avresti risposte interessanti, che hanno a che fare con la tua vita e le tue scelte.
E se qualcuno ti chiedesse i 7 Re di Roma in ordine cronologico? Ti ricordi come si fanno le divisioni a due cifre? L'equivalenza di una misura di superficie? Tutte le province della Lombardia? Mi dici almeno 10 parole in inglese che iniziano con la W? Cos'è il centriolo? Lo sai che si legge centrìolo e non centriòlo? La percentuale di territorio collinare delle Marche?
Ti faresti una risata, mi chiederesti se è un quiz tipo "Il milionario" e diresti che queste informazioni non ti servono a nulla ora e al massimo le andresti a cercare su internet.
Avresti ragione.
E allora perché diamo più importanza alla seconda serie di domande che alla prima?
Buon primo maggio a tutt* gli/le insegnanti.
Facciamo in modo che i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze, sappiano rispondere alla prima.
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